venerdì 18 ottobre 2013

Cleopatra: Roma celebra l'ultima regina d'Egitto



Cleopatra, Roma e l'incantesimo dell'Egitto


Chiostro del Bramante
12 ottobre 2013 – 2 febbraio 2014

A quattro anni di distanza dalla mostra dedicata a Giulio Cesare, il Chiostro del Bramante celebra la sua famosa amante, Cleopatra, ultima regina d'Egitto.
Fino al 2 febbraio sarà possibile ammirare un'interessante mostra archeologica allestita nelle sale interne che omaggia questo grande personaggio, la cui storia si confonde tra realtà e mito. Leggendaria era la sua bellezza caratterizzata da un profilo importante, alleggerita se non ridimensionata dalle parole dello storico Plutarco, che ne elogia invece una bellezza discreta e un fascino derivante dall'essere una grande regina, colta e raffinata. Leggendaria è la sua tragica morte, causata dal morso di un cobra velenoso, l'aspide. Gesto estremo e coraggioso che forse non corrisponde alla realtà. Leggendaria e misteriosa è infine anche la sua tomba: gli archeologi non sono riusciti a riportare alla luce il famoso mausoleo a forma quadrata costruito nel giardino del suo palazzo ad Alessandria.
Si tratta di una mostra archeologica che racconta attraverso l'esposizione di reperti provenienti dai grandi musei europei quali il Louvre e il Kunsthistoriches Museum di Vienna, nonché da collezioni private, il rapporto tra l'Egitto e Roma, da Cesare fino alla fine della repubblica, nonché la contaminazione culturale tra i due grandi popoli che si fronteggiarono sulle acque del mediterraneo. Contaminazione che porta Roma ad assimilare e a divulgare, con l'avvento dell'impero di Augusto, acerrimo nemico di Cleopatra, i costumi e i culti egiziani sul  suo vasto territorio, fino ad allora profondamente legato alle tradizioni repubblicane e italiche.
rassegna stampa
La mostra, curata dal prof. Giovanni Gentili, "mira ad inquadrare il personaggio dal punto di vista storico, sotto una luce diversa e nuova rispetto all'idea popolare e spettacolare che abbiamo della sovrana e che ci è pervenuta dalle immagini cinematografiche e stereotipate che la propongono in veste ufficiale, circondata dalla sontuosità delle grandi cerimonie ufficiali e religiose, come incarnazione vivente della dea Iside." Cleopatra non era soltanto il personaggio interpretato da Liz Taylor. Era una regina greca pertanto figlia di una cultura ellenistica, vasta, raffinata, straordinaria, ma nel contempo lambita dalle tante influenze straniere, greche, ebree e non solo egiziane, che giungevano ad Alessandria, divenuto in quel periodo storico il porto più importante del Mediterraneo. "Si è cercato di costruire un ritratto non solo fisiognomico ma anche completo della giovane sovrana, difficile da fare a causa del tentativo di Augusto e degli storici filo augustei di trasformare se non ridurne il peso storico, tramandando nei secoli l'immagine di una donna dissoluta, dal fascino perverso e pericoloso, e non quella della regina colta e capace come è stata realmente. Cleopatra cercò invece per se stessa e per i suoi quattro figli, Cesarione avuto da Giulio Cesare e gli altri tre avuti da Marco Antonio, di creare un regno potente, svincolato dall'influenza e dalla prepotenza politica di Roma, tant'è che verso la fine del suo breve regno, nel 34 A.C. ,il territorio da lei governato era immenso:si estendeva alla Siria e all'Armenia fino all'Africa nord costiera."
Il contesto culturale è ampio e abbraccia l'Egitto tolemaico nella fase più tarda e il rapporto con Roma nella fase più cruciale della sua storia, ossia quella del passaggio da repubblica a impero. Da questo incontro tra la cultura romana e quella egizio alessandrina nasce la Roma imperiale che ne porterà i segni per un lungo periodo. La mostra riesce ad illustrare tutto questo mettendo insieme materiali di vario genere, quindi non soltanto opere particolarmente importanti, conosciute e sensazionali ma un ventaglio notevole di materiali archeologici disponibili, dagli oggetti suntuari a quelli di maggior uso quotidiano, dai ritratti ufficiali dei sovrani tolemaici alle medaglie commemorative. Lo vedremo nell'arte, nella religione, nei vari prodotti e manufatti di cui la mostra offre un'interessante campionatura. Cammei ori, pezzi straordinari, incredibili, pietre preziosi, sculture, graniti. Notevole il contributo dei musei e dei privati che hanno arricchito la mostra con pezzi unici e mai esposti prima. Quanto il mondo ellenistico alessandrino abbiano influito su Roma e sulla cultura del tempo si può vedere attraverso una sezione dedicata ai sovrani ellenistici a partire da Alessandro Magno, fondatore della dinastia, di cui è esposto un magnifico busto proveniente dal Louvre e un altro dal Museo Nazionale Romano Palazzo Massimo alle Terme, e poi Cleopatra, Cesarione e altri sovrani meno conosciuti come Berenice, Cleopatra IV, Tolomeo X e XI. Segue una sezione dedicata all'Egitto tolemaico, ai culti tradizionali nonché quelli egiziani come Iside e Serapide e i culti funerari, per poi giungere alla sezione dedicata alle arti alessandrine, con marmi, bronzi, ceramiche e oreficerie straordinarie. Infine l'impero romano conquistato dall'egittomania. Non solo Roma ma anche Pompei, Pozzuoli si abbelliscono di affreschi, statue, che rimandano a temi e culti egiziani e lo stesso Augusto fa dipingere le sale della sua villa al Palatino con temi egiziani e lui stesso si fa ritratte come faraone con tanto di tiara sul capo.
Il percorso della mostra è breve, le sale del chiostro hanno costretto gli organizzatori e il curatore ad una scelta essenziale. Si tratta di una mostra costruita pezzo per pezzo, attraverso un allestimento moderno che si avvale di illuminazioni all'avanguardia realizzate con dei led particolari ad opera della società Silvania. Il percorso espositivo è accompagnato da filmati che narrrano la storia e ciò che i reperti non arrivano a raccontare. Valerio Massimo Manfredi famoso studioso e divulgatore della storia romana è stato coinvolto in questo progetto. Inoltre per una migliore comprensione sarà regalato a ogni visitatore l'audio guida.

martedì 8 ottobre 2013

Robert Capa: cronache di guerra sul suolo italiano


Robert Capa:  cronache di guerra sul suolo italiano


3 ottobre 2013- 6 gennaio 2014

Museo di Roma – Palazzo Braschi
di Rosa Orsini (blogger)
Inaugurata il 2 ottobre a Palazzo Braschi in presenza delle autorità ungheresi e della Sovrintendenza Capitolina, la mostra espone per la prima volta in Italia 78 fotografie scattate da Robert Capa, al secolo Endre Friedmann, uno dei più celebri fotografi del xx secolo se non di tutti i tempi.
Con l'occasione si celebra un doppio anniversario: il centenario della nascita del celebre fotografo (nato a Budapest nel 1913), considerato il padre del fotogiornalismo, e il settantennio dello sbarco delle truppe anglo-americane in Italia.
Nell'ambito dell'anno culturale Ungheria- Italia 2013 il governo ungherese ha pensato di proporre un soggetto unico nel suo genere per suggellare il legame umanistico tra i due popoli. La scelta, meditata con l'intento di trovare un punto in comune con la storia italiana, è caduta sul lavoro di un artista carico di quell'umanità e quella sensibilità propria dei popoli dell'Europa orientale.

autorità
Come ha sottolineato il Vice Sottosegretario di Stato per gli Affari Economici del Ministero elle Risorse Umane d'Ungheria Ferenc Bathò da secoli intercorre una profonda amicizia tra i due popoli che si intende rafforzare. Varie sono state le iniziative in ambito culturale che hanno visto esporre in Italia le opere dei loro grandi artisti moderni e contemporanei e oggi sono orgogliosi di portare a Roma un grande e talentuoso artista della loro terra che con i suoi scatti fotografici ha immortalato scene di vita che appartengono alla storia italiana.
Considerato il padre del fotogiornalismo, al quale seppe dare una nuova veste e una precisa direzione, Robert Capa fondò nel 1947 a Parigi la Magnum Photos, che diverrà una delle più importanti agenzie fotografiche del mondo. Capa fu un grande corrispondente di guerra. In quarant'anni di vita, tragicamente conclusa nel 1954 per lo scoppio di una mina in terreno vietnamita durante la prima guerra d'Indocina, ha immortalato con le sue foto i momenti drammatici dei cinque grandi confitti che hanno insanguinato i primi cinquant'anni del secolo scorso. Capa, ossia “Squalo”, soprannome che gli venne attribuito dagli amici e che divenne il suo nome di battaglia, fu presente sempre in prima linea, vivendo tra i soldati sui campi di battaglia, pronto a cogliere con il suo obiettivo l'anima degli uomini che parteciparono tragicamente alle atrocità della guerra, militari e civili, uomini e donne, vecchi e bambini. Dotato di una personalità fuori del comune, Capa amava profondamente la sua professione. Fotografare il mondo era la sua ragione di vita. Fu quindi cronista e testimone oculare di momenti che sono passati alla storia. Oggi possiamo guardare queste immagini come frammenti di uno specchio in cui si riflettono mondi interi e gli orrori delle guerre che hanno imperversato nei cinque continenti.
Ma cosa lega Robert Capa all'Italia? E' presto detto. Durante la sua breve vita Capa scattò circa settantamila fotografie in 23 paesi che furono teatro di guerra. Alcune di queste, nello specifico 78, furono scattate sul suolo italiano durante la seconda guerra mondiale. Infatti, in veste di corrispondente di guerra accreditato presso le truppe americane, Capa fu protagonista dello sbarco delle truppe anglo- americane ad Anzio per liberare l'Italia dagli orrori commessi dal nazifascismo.
Oggi quella realtà così lontana prende nuovamente vita attraverso questa interessantissima mostra che vede esporre le suddette foto al Museo di Roma di palazzo Braschi, fiore all'occhiello dei musei della capitale che per l'occasione apre finalmente al pubblico, dopo un lungo restauro, i saloni del secondo piano predisposti per l'allestimento delle mostre temporanee. Le fotografie fanno parte della Master Selection, una raccolta di 957 scatti selezionati dal fratello di Robert Capa, Cornell e dal biografo Richard Whelan tra le migliaia realizzate nell'arco della sua attività di fotoreporter, di cui esistono soltanto tre copie al mondo oggi conservate presso l'International Center of Photography di New York, il Tokyo Art Museum e il Museo Nazionale Ungherese di Budapest. Quest'ultimo ha prestato le sue, acquistate nel 2009 dall'International Center of Photography di New York, per l'allestimento di questo importante evento, curata da Beatrix Lengyel, capo ufficio dell'Archivio Storico Fotografico del Museo Nazionale Ungherese, che ha visto la partecipazione della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, del Ministero delle Risorse Umane d'Ungheria, dell'Ambasciata d'Ungheria e dell'Accademia d'Ungheria a Roma, e che rimarrà in mostra fino al 6 gennaio 2014.
La guerra vista attraverso la lente di un obiettivo fotografico, scatti che fissano momenti esaltanti e terrificanti, di gioia e di dolore. Scene drammatiche di vita vissuta e quel sottile confine tra la vita e la morte che si delinea tra le macerie dei bombardamenti, tra le strade disastrate, sui campi di battaglia, negli ospedali di fortuna accampati nelle chiese. Immagini tanto forti quanto ricche di una profonda umanità che ci cattura e ci emoziona perché risveglia in noi l'orrore della guerra e la compassione per le vittime.
Capa ha immortalato la salita dei paracadutisti dalla Tunisia alla Sicilia, la resa di Palermo, l'assedio di Troina, i funerali degli studenti napoletani, le difficoltà sulla via verso Montecassino, l'Italia sconvolta dal secondo conflitto mondiale, ormai prossima alla miseria e alla disperazione, che festosamente accoglie le truppe anglo americane, finalmente libera dalle atrocità nazifasciste.
Un tuffo nella storia del nostro paese attraverso immagini in bianco e nero catturate da un obiettivo, uno vetro trasparente che riflette le espressioni di gioia e di dolore dei volti segnati dalle atrocità della guerra, siano soldati o civili, italiani, americani e tedeschi, protagonisti attivi e passivi, vittime e carnefici. Capa fotografa soggetti inconsapevoli di divenire loro stessi la storia del nostro paese perché la storia è fatta di uomini, di vicende umane spesso tralasciate dalla cronaca, e non di semplici frasi scritte sui libri. Cosicché anche lui attraverso le sue fotografie diventa parte della nostra storia Ecco dunque svelato il trait d'union dei due paesi che oggi con orgoglio e commozione presentano al pubblico questo grande personaggio della cultura ungherese.