giovedì 11 giugno 2015

Silvia Mattioli. Appunti per le Eumenidi a Corviale


Spaziocima
via Ombrone 9, Roma
dal 5 al 18 giugno 2015

Silvia Mattioli, cineasta e videomaker romana, debutta allo Spaziocima di Roma con una mostra multimediale dedicata a Corviale, il tanto discusso quartiere dormitorio della capitale, uno dei progetti architettonici più criticati e fallimentari del dopoguerra italiano.
Silvia ripropone, a distanza di 15 anni dalla sua realizzazione, un piccolo cortometraggio in cui performers di strada ed attori professionisti animano il quartiere popolare.
Immersi nei silenzi contemplativi della volta celeste su cui si staglia l'enorme massa di cemento, gli attori si arrampicano su solidi pali di ferro o su altalene basculanti, catturando immagini, impressioni, emozioni. Ne scaturiscono diversi punti di osservazione, angolazioni, prospettive frammentate, segmenti di spazi di vissuto popolare. Sulle pareti circolari della cavea spiccano i graffiti colorati, isolato e provocatorio tentativo di ridare vita a un luogo senz'anima, avvolto e stritolato dalla grigia noia della periferia.
Nella fase finale di montaggio l'autrice accosta alla grande e grigia muraglia la realtà rurale della campagna, con prati e sentieri aperti tra sterpi e spighe di grano bruciati dal sole. Silvia contrappone le due realtà, le alterna visivamente. La narrazione bucolica trova spazio tra i costoni di cemento armato. Ma il centro vitale di questo serpentone senz'anima è la cavea, moderno emiciclo nel quale avrebbe dovuto svilupparsi la realtà culturale del quartiere. Qui trova luogo la componente teatrale, il momento topico di questo piccolo film dalle atmosfere pasoliniane.
Ispirata alla tragedia di Eschilo, l'Orestea, e in particolare alle Eumenidi, le Benevole, Silvia inserisce tra i fotogrammi una performance scenica dove immagina Atena scendere su Corviale ad assolvere le colpe di Oreste, l'assassinio del padre Agamennone, e placare la collera vendicativa delle Furie. Silvia ripropone la sua personale rivisitazione della tragedia greca e lo fa consapevolmente, non per emulazione ma per sviluppare un discorso sociale attraverso una citazione erudita e letteraria.
Un omaggio a Pasolini e ai brani di Hölderlin, che Silvia ha profondamente analizzato per risalire al nobile intento di ricongiungere, in un gioco di ruoli, ciò che la giustizia punisce ed assolve di fronte al pentimento. Trattasi in questo contesto della riconciliazione tra uomo e natura, al fine di sbloccare una situazione di degrado urbano ormai sclerotizzata e riappropriarsi di quella dimensione rurale che acquieta gli animi.
L'installazione si arricchisce e si completa con quattro piccoli quadri: si tratta di fotogrammi estrapolati dal video a cui accosta i loro ingrandimenti. Lo sviluppo fotografico produce l'effetto sgranato ma suggestivo del fenomeno ottico del circolo di confusione. Vale a dire che i dettagli mischiati e confusi dalle migliaia di punti che compongono l'immagine, così come sono visibili da vicino, appaiono più nitidi allontanandosi, costringendo l'osservatore a cercare un punto di osservazione.
Silvia rende quindi omaggio ai grandi autori del passato ma anche ai maestri del cinema che l'hanno formata artisticamente come Renato Mambor e João César Monteiro. Il teatro, a cui si è accostata fin da giovanissima, è la matrice del suo essere artista. Da una lunga esperienza che l'ha vista collaborare con importanti autori e registi, tra cui Mauro Martone, durante la quale si è occupata di regia teatrale e di messa in scena, approda al cinema e alle installazioni, nonché alle arti visive e al video. Autrice teatrale di numerosi spettacoli, Silvia ha lavorato a La7 e a Rai Cultura. La incontriamo oggi in occasione dell'inaugurazione della sua personale, punto di partenza di questa nuova avventura che intende portare anche all'estero per sdoganare un discorso, quello di Corviale, al di là del cerchio della periferia urbana.

D: Parlami della tua idea di testimoniare con un cortometraggio la realtà periferica di Corviale. Si tratti di una denuncia sul quartiere e sulla speculazione edilizia?
Silvia. Ti spiego come è cominciata. 15 anni fa andai diciamo “in pellegrinaggio” a Corviale, incuriosita dal clamore suscitato dagli articoli di giornale, soprattutto quelli di denuncia intorno a questo mostro architettonico. Nella mostra ho esposto alcuni di questi giornali d'epoca proprio per testimoniare quella fase. Era il 1999. Essendo una video maker e un'artista, di natura sono curiosa e ho sempre desiderato conoscere la mia città, non soltanto il centro storico, ma soprattutto la periferia. Diciamo che sono andata a Corviale per soddisfare una mia curiosità visiva e non per fare un'analisi dal punto di vista architettonico. Cosa che non mi appartiene non essendo io un architetto.

D: Si tratta quindi una valutazione estetica?
Silvia: Be sì, anche. Ma sopratutto emozionale. Andai a Corviale e ci tornai parecchie volte. Durante le mi visite ho scattato foto, raccolto emozioni. Poi ho scoperto la cavea. Lì mi sono seduta e ho iniziato a sognare. La visione che ebbi era di Atena che scendeva su Corviale. Così mi vennero in mente le Eumenidi, ispirata dal mio maestro di cinema Joao Cesar Monteiro, il grande cineasta portoghese ormai scomparso, che fece un film scegliendo proprio come personaggio la dea greca. Nella mostra c'è un omaggio anche alla sua Atena. La copertina della Rivista portoghese de cinema, quella che vedi appesa con le mollette sui fili appesi, riproduce un fotogramma del film di Monteiro, in cui appare la testa di Atena. Ho immaginato che la dea dovesse fare un discorso alle Eumenidi, così come l'ha pensato Eschilo, Pasolini nel Pilade, ma inserito in un contesto moderno come quello di Corviale, che ricorda le ambientazioni pasoliniane. Così decisi di ritornare con il gruppo teatrale che avevo allora, il gruppo Ariadne. Siamo stati lì una decina di giorni durante i quali abbiamo letto i testi di Eschilo, di Pasolini e di Hölderlin, autori rivoluzionari per la loro epoca.

D: Trattandosi di un cortometraggio che hai realizzato anni addietro, come mai lo riproponi oggi?
Silvia: Diversi anni fa, quando proposi il mio lavoro ai festival a cui ho partecipato, presentai solo il cortometraggio e i quattro quadretti che oggi invece espongo accanto a quelli grandi, che sono i loro ingrandimenti. Questo perché in quel momento solo quello rappresentava il mio progetto. Avevo 28 anni e fui molto severa. Scartai tutto, forse perché i tempi non erano maturi, o forse perché mi trovavo sempre avanti rispetto a quello che accadeva.

Domanda: Dove lo hai presentato?
Silvia: Come dicevo proposi il cortometraggio a dei festival e devo dire che, tutto sommato, andò abbastanza bene, nonostante si trattasse di un cortometraggio difficile, non fruibile nel cinema bensì in un contesto di installazioni multimediale. Lo presentai penso in tutti i festival che c'erano in Italia. Alla fine lo presero al Lucca film festival, al Premio Nanni Loy, a Trevignano e infine a Pescara, al Festival internazionale del cinema indipendente di Picciano nel 2001, dove ottenne una menzione speciale.
Riguardo ai quattro quadretti, ci fu un concorso a Roma nel 2007, fatto da Bornia. Si chiamava Pronto Soccorso Giovani Artisti e coinvolgeva gli artisti dei municipi di Roma. Io partecipai col mio municipio, allora il 18mo, oggi è il 13mo. Presentai i quadretti e vinsi come migliore artista visiva del comune di Roma, nella sezione arti visive. La cerimonia fu fatta al Macro in via Nizza. Dopo di che cominciai a lavorare per La7 dove mi occupavo sempre di video, e così accantonai tutto. A distanza di anni mi sono ritrovata con tutto questo materiale, così ho deciso di riprenderlo ed ampliarlo.

Domanda: Come definiresti oggi il tuo lavoro?
Silvia: Adesso te lo posso dire perché sono passati 15 anni. E' un lavoro sul tempo, sulla distanza e sul punto di vista, di come poi le cose cambiano se cambi la posizione, la prospettiva. Oggi quei quadretti sembrano dei piccoli arazzi anni '70. Sono i 15 anni che gli sono passati sopra, mentre i quadri grandi, che sono più attuali, li ho messi apposta per far vedere il tempo che passa.

D: Parliamo delle immagini. Se da vicino appaiono sgranate, da lontano catturano e affascinano. Il famoso effetto ottico del circolo di confusione.
Silvia: Si tratta di un frame, di un fermo immagine. Ho avuto grande difficoltà a trovare degli stampatori perché nessuno voleva farlo. Dicevano che non erano immagini di alta qualità. Oggi si preferisce un'immagine nitida, mentre io cercavo un altro effetto. Quello che appunto si chiama circolo di confusione, che costringe l'osservatore ad allontanarsi e cercare un punto di osservazione. Perché questa è la vita, le cose cambiano significato dal punto da cui le osservi. L'immagine non doveva essere di alta qualità. Che senso ha in fondo l'arte se non quella di rompere gli schemi, di far pensare? Da questo punto di vista mi senso un po' un'iconoclasta. Per fortuna alla fine ho trovato chi me le ha stampate.

Domanda: Tu ti definisci un'artista neorealista?
Silvia: Non lo so. Per me rappresentare la realtà non vuol dire scattare una fotografia che riproduce le cose esattamente così come appaiono. Non mi interessa, e non lo farei mai. Mi interessa guardare la grana, il ruvido, l'effetto, lo sporco, la smagliatura, la scalfittura, il difetto, perché tutto ciò rappresenta la vita. A me interessa quello.

Domanda: Oggi debutti a Spaziocima, dopo di che porterai in giro questa mostra?
Silvia: Innanzitutto ci tengo ringraziare Roberta Cima, che mi ha accolto a braccia aperte, perché ha capito quello che stavo facendo. Non è facile proporre un lavoro di questo tipo. Inoltre era importante che io sdoganassi Corviale proprio qui al quartiere Coppedé. Secondo me bisogna portare fuori questo discorso, andare oltre i confini della periferia urbana. Ho già fatto nel 2007 una collettiva a Corviale, con i piccoli quadretti, ma oggi non avrebbe senso riproporla nello stesso luogo.
Per quanto riguarda il futuro, mi hanno già invitato ad esporre alla Fondazione Guelfa a Fabriano, dedicata a un artista di vetrate sacre, e poi in uno spazio a Vienna di un'artista romana. Intanto ho queste due proposte e sono contenta della risonanza che ha avuto la mostra. Il mio intento è quello di portarla in giro perché mi interessa provocare. Solo attraverso la provocazione c'è la riflessione e il risveglio del pensiero critico.

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