da Parigi

26 marzo 2015

“Klimt e il suo tempo. La Secessione viennese”


12 febbraio – 21 giugno 2015
 
Pinacothèque di Parigi


Organizzata da Alfred Weidinger, curatore del Belvedere, e allestita nelle sale interne della Pinacothèque de Paris, la mostra “Klimt e il suo tempo. La Secessione viennese” esamina una delle declinazioni fondamentali dell’Art Nouveau, sviluppatasi a Vienna all’inizio del Novecento con il nome di Secessione. Protagonista di spicco di questo nuovo percorso artistico è Gustav Klimt, a cui la Pinacothèque dedica una retrospettiva completa e accurata, dagli esordi precoci all’opulenza decorativa delle opere mature, caratterizzate da un abbondante uso dell’oro. Sono esposte alcune delle sue opere più famose, dai primi studi accademici fino ai capolavori del periodo d'oro, come Giuditta I (1901) e il monumentale Fregio di Beethoven, presentato in Francia per la prima volta in una ricostruzione a grandezza naturale.
Klimt e il suo tempo. La Secessione viennese” ripercorre nei dettagli l’evoluzione delle arti a Vienna, dalla fine dell’Ottocento fino ai primi anni dell’espressionismo. Uno dei punti focali della mostra è costituito dal primo periodo della Secessione, con particolare attenzione al rapporto con Parigi e alle influenze artistiche provenienti dalla Francia, che accomunarono artisti come Carl Schuch, Tina Blau, Theodor Hörmann, Josef Engelhart e Max Kurzweil. La rassegna prosegue con i capolavori della Secessione, dell’avanguardia austriaca e con le prime opere di Egon Schiele e Oskar Kokoschka. Imperniata non solo quindi su una raccolta delle opere più rilevanti di Gustav Klimt, la mostra comprende oltre 180 opere di grande valore provenienti dal Belvedere e da collezioni private. Inoltre con l'occasione sono esposti anche rari ed importanti documenti sulla vita e sulla famiglia dell'artista viennese. A completare il quadro storico del movimento, una sezione della Pinacothèque dedica spazio alla fioritura delle arti applicate a Vienna: dai mobili, frutto di un’antica e raffinata tradizione artigianale, ai gioielli preziosi e alle splendide ceramiche. Infine una ricca documentazione storica testimonia gli esordi e l’evoluzione dei grandi artisti e architetti dell’epoca, quali Adolf Loos, Josef Hoffmann e la Wiener Werkstätte.


 12 settembre 2014

Niki de Saint Phalle

Grand Palais - Parigi 

 

Niki de Saint-Phalle

17 settembre 2014- 02 febbraio 2015

Il Grand Palais organizza una grande retrospettiva dell'opera di Niki de Saint Phalle (1930-2002), pittrice e scultrice francese sposata con l'artista svizzero Jean Tinguely, con il quale realizzerà la Fontana Stravinsky di fronte al Centre Pompidou di Parigi (1983). Dopo il debutto sulla scena artistica con i Tiri (1961), il cui obiettivo è quello di “far sanguinare la pittura”, Niki de Saint Phalle realizza le celebri e prosperose sculture delle Nanas e le sculture monumentali riunite nel Giardino dei Tarocchi in Toscana. Questa retrospettiva offre l'occasione di ripercorrere la storia di una delle artiste più anticonformiste della sua epoca.
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26 marzo 2014

Gli archivi del sogno, i disegni del museo d'Orsay esposti all'Orangerie 


Dal 26 marzo al 30 giugno 2014

Musée National de L'Orangerie -Paris


Schizzi, abbozzi, autoritratti e paesaggi realizzati dai grandi maestri del XX secolo. Una selezione di circa 200 disegni operata dallo storico dell'arte Werner Spies cui è stata data carta bianca per allestire una splendida mostra che per la prima volta presenta al pubblico parte della preziosa raccolta di disegni del museo d'Orsay. Una selezione che non vuole essere rappresentativa di tutta la collezione che vanta circa 93000 disegni di cui 18000 tra artistici, decorativi e architettonici, ai quali si aggiungono più di 700 pastelli. Una raccolta di fogli di diverso formato, custoditi gelosamente perché fragili alla luce, che per la maggior parte sono esposti nel dipartimento delle arti grafiche del Louvre.
Dal 23 marzo fino al 30 giugno 2014 il Museo Nazionale dell'Orangerie ospita "Les archives du rêve, dessins du musée d'Orsay: carte blanche à Werner Spies", un'imperdibile occasione per ammirare all'interno delle sale una selezione di capolavori inestimabili e ripercorrere un viaggio nella storia che parte da circa 150 anni fa per giungere fino ad oggi allo scopo di confrontare i lavori realizzati da artisti famosi quali Boudin, Cézanne, Daumier, Degas, Manet, Millet, e tanti altri. Per colui che si accosta all'immenso archivio dei disegni del museo d'Orsay senza una destinazione precisa è difficile non essere colto dalle vertigini davanti alle migliaia di fogli qui riuniti e le migliaia di nomi di artisti che li hanno disegnati. Per tale motivo la mostra è corredata da un interessante volume illustrato a cui hanno collaborato importanti scrittori e artisti contemporanei che hanno coadiuvato Werner Spies in questo interessante progetto. 
E' il disegno concepito come atto creativo il vero protagonista della mostra, collocato al primo posto sulla scala delle rappresentazioni figurative, all'origine della creazione quando ancora il gesto dell'artista non è fissato e congelato dalla compiutezza del lavoro. Esso non necessita che di pochi strumenti e di un semplice e maneggiabile supporto ed è il terreno ideale per una continua sperimentazione grafica. Motivo per il quale produce un'innumerevole quantità di materiale che delucida lo studioso sul processo creativo che dall'idea conduce alla realizzazione del disegno.
Dall'osservazione dei fogli preparatori esposti nella mostra emergono i ripensamenti, le cancellature, i ritocchi che testimoniano l'atto della creazione in sé stesso che riporta ad una soggettiva concezione dell'oggetto disegnato. Ogni foglio dell'archivio racconta una storia diversa. Questi disegni e i loro carnet suggeriscono dei piccoli diari di viaggio sui quali gli artisti hanno impresso le emozioni suscitate dall'osservazione del mondo esterno, da momenti di vita quotidiana oppure da personali visioni oniriche e fantastiche catturate da un tratto di matita. Spunti, riflessioni in movimento come un work in progress che si traduce spesso nell'opera compiuta. 
Uno sguardo al passato, una lente di ingrandimento che scruta, osserva e commenta i lavori realizzati, cercando un ponte che colleghi epoche così lontane tra loro. Ma nel tentativo di spiegarne i contenuti ci si arrende davanti alla presenza di segreti celati e mai scrutati che svincolano i disegni dalla fredda e distaccata cornice storica per collocarli in una dimensione opposta, quella del sogno che trasforma e altera la realtà.
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Il fenomeno della Art Brut celebrato a Parigi in occasione dei 25 anni  di attivita’della famosa rivista culturale “Raw vision”. Un evento di portata internazionale di grande richiamo.




La Halle Saint Pierre di Parigi, situata nel pittoresco quartiere di Montmartre, ospita fino al 22 agosto 2014 una mostra temporanea intitolata “Raw Vision”, dal nome della celebre rivista britannica che proprio quest'anno compie 25 anni di attività. Fondata nel lontano 1989  dal pittore John Meizels, Raw Vision è l'unica rivista specializzata nel settore dell’art brut europea e della pop culture americana.
L'allestimento ha richiesto la partecipazione di più di 80 artisti internazionali tra cui Henry Darger, Aloïse Corbaz, Adolf Wölfli, Norbert Kox,  raggruppando nel complesso circa 400 opere. Un fenomeno all'avanguardia di portata internazionale che sta ottenendo un grande successo di pubblico, soprattutto giovanile,  attratto dalla aspetto visionario e surreale di questo eccentrico movimento artistico, al di fuori di ogni schema concettuale precostituito e dai soliti canali di mercato.
Il concetto di “Art brut” fu inventato nel 1945 dal pittore francese Jean Dubuffet per indicare i lavori realizzati da artisti non professionisti e dai degenti degli ospedali psichiatrici. Si parla quindi di un'arte spontanea, libera da contaminazioni culturali di genere: un aspetto peculiare che si evince dalla scelta dei materiali usati a supporto delle molteplici tecniche espressive, nonché da un assortimento bizzarro dei soggetti. 
Successivamente il concetto venne esteso oltre il campo predefinito fino a comprendere l'arte popolare, quella impulsiva, fantasiosa, non convenzionale, espressiva di una interiorità che ha bisogno di gridare al mondo la sua esistenza.
Si tratta quindi di un nuovo modo di fare arte, originale e grottesco. Una delle mille facce dell'arte contemporanea: quella autodidatta e non istituzionalizzata. Art Brut, arte grezza o outsider art (termine quest'ultimo coniato nel 1972 dal critico d'arte inglese Roger Cardinal): sono soltanto sinonimi che descrivono un'arte non stereotipata. In questo modo anche il diversamente creativo trova il suo spazio.
Osservando i lavori esposti è possibile farsi un'idea di quelli che sono definiti i geni sconosciuti e a comprendere il mondo dell'arte con le sue infinite diramazione che spesso sfociano in elaborazioni intellettuali non dettate da schemi precostituiti. Un soggetto moderno che si estende fino comprendere il mondo della street art e a cogliere ispirazione dall'universo dei fumetti, che lascia ampio margine all'immagine più sfrenata.
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24 giugno 2013

L’arte povera italiana protagonista a Versailles.  Gli Alberi sospesi di Giovanni Penone.
Versailles, 11 giugno- 31 ottobre 2013


Sembrano immagini tratte da un film di fantascienza. Uno sguardo su un pianeta lontano, parallelo, dove gli alberi appaiono sospesi nell’aria, oppure posati su lunghe e sottili radici che crescono in altezza, e non come dovrebbero secondo natura, ossia facendosi spazio nelle profondità della terra. Alberi capovolti, appesi a mezz’aria, sparpagliati qua e là sul terreno, solitari, protagonisti. Lungo il sentiero selciato intravediamo una sequenza di tronchi orizzontali dai cui si diramano rami sottili simili a zampe d’insetto. Un’insolita composizione visiva che rimanda all’immagine di improbabili cavallette di legno in fila una dietro l’altra. Queste singolari rappresentazioni, incentrate sul rapporto tra arte e natura, sono frutto dell’estro creativo dell’artista piemontese Giovanni Penone, esponente di rilievo di quel movimento che prende il nome di arte povera. Oggi ritroviamo le sue opere esposte a Versailles in occasione della ricorrenza che celebra il quattro centenario della nascita del grande architetto e paesaggista francese Andrè Le Notre (Parigi, 1613 – 1700), creatore dei magnifici giardini della reggia. Penone ha l’onore di essere il primo italiano ad esporre le sue creazioni in questa magnifica “location”. Trovano spazio così una ventina di opere monumentali fatte di bronzo, legno e marmo, che riproducono le forme degli alberi, attraverso un trasposizione personale e concettuale della natura che fa da contrappunto all’architettura classica del giardino. La mostra, inaugurata l’11 giugno, giungerà a conclusione il 31 ottobre 2013.

La regina dell'Art Deco alla Pinacothèque de Paris: 

Tamara de Lempicka.

Dal 18 aprile all'8 settembre 2013

 

autoritratto
Chi meglio di Tamara De Lempicka (1898-1980) ha saputo rappresentare il dinamismo dei ruggenti anni venti, carichi di mondanità e di effervescenti espressioni culturali che trovano spazio tra le pieghe dei movimenti cubisti e futuristi? Questa giovane donna firmò i maggiori capolavori di quella corrente artistica denominata Art Deco, di cui seppe esprimere l'eleganza concettuale attraverso una serie di opere pittoriche realizzate principalmente tra il 1925 e il 1935. Tamara ritrae il bel mondo e i suoi protagonisti: uomini eleganti appartenenti all'alta società, spesso blasonati, donne raffinate e sensuali. Ma non disdegna nel contempo di raffigurare nature morte e ambienti interni. Sono quadri dalle tinte accese e dai colori metallici, sullo sfondo di prospettive futuristiche come i grattaceli newyorchesi che si stagliano nel cielo. Donna dalla personalità spiccata e indipendente, fuori dagli schemi, anzi lei stessa sembra dettare le regole del mondo che la circonda. Privilegiata da un destino che le ha regalato una vita intensa e travolgente all'insegna del lusso e della mondanità, fa tesoro delle sue esperienze personali, dei suoi amori clandestini, dei suoi gusti ambigui. Racconta attraverso la sua arte il mondo al quale appartiene. 
L'ennesima mostra curata da Gioia Mori, principale esperta del lavoro dell'artista polacca, è allestita nelle sale della Pinacothèque de Paris, un nuovo ed ampio complesso espositivo che ha conquistato un posto di prestigio sulla scena culturale francese. Con la collaborazione di Victoria De Lempicka, figlia dell'artista e presidente del Tamara Art Heritage, e Marilyn Goldberg, presidente del Museum Masters International, la mostra inaugurata il 18 aprile 2013 si concluderà il prossimo 8 settembre. Una retrospettiva che a differenza di quelle precedenti, presentate in otto città diverse tra cui ricordiamo Londra, Vienna, Milano e Roma (presso il Complesso del Vittoriano), si arricchisce di 23 opere inedite tra cui 18 disegni e 5 dipinti, realizzati tra il 1923 e il 1925, “scovati” dalla Mori proprio in Francia.
In tutto 107 le opere presentate al pubblico nel corso di questa retrospettiva che vuole illustrare il movimento Art Deco attraverso la personalità vibrante della sua icona, assurta al rango di regina in quanto capace di rappresentare pienamente lo spirito dell'epoca.
Chi mai penserebbe oggi che all'inizio della sua carriera le sue opere furono severamente criticate dai maggiori artisti italiani quali Ojetti e Carlo Carrà? Fu soprattutto quest'ultimo a stroncare la mostra di Milano della pittrice alla galleria “Bottega di Poesia” nel 1925, con due articoli pubblicati su L'Ambrosiano e sul Convegno. Carrà non ci andò leggero, definendo il suo lavoro il frutto ambizioso di una donna che nella sostanza non aveva niente di nuovo da proporre rispetto al panorama artistico post bellico. Carrà considerava la sua appartenenza al genere femminile un handicap, ritenendo (quale eresia) che soltanto gli uomini, in virtù di chissà quale ipotetica superiorità, fossero degni di immolare la propria vita all'arte. Un pensiero restrittivo e misogino che fortunatamente non influenzò il destino di una pittrice di siffatto talento. A dispetto delle più funeste previsioni Tamara De Lempicka, divenuta una leggenda vivente per la risonanza internazionale che ebbe la sua vita avventurosa, oggi è celebrata attraverso l'esposizione delle sue magnifiche tele. Vere e proprie opere d'arte che hanno la capacità di suscitare il desiderio di rivivere la magia degli anni venti, affascinati dalla leggerezza e dalla vitalità, e da una proiezione verso il futuro che appartiene soltanto agli spiriti liberi.
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Pinacothèque 2 8, rue Vignon 75009 Paris
Phone: France-01 44 56 88 80

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